È notte fonda quando suona la sveglia. Non sono passate che poche ore da quando ci siamo fermati a cenare, subito dopo aver preso possesso della stanza d'hotel (peraltro bellissima, molto moderna e davvero attenta sui messaggi ambientalisti... complimenti!) al termine del percorso in treno, e aver bevuto l'ennesimo
Pisco Sour di questo viaggio.
La regola principale della giornata del Machu Picchu è questa: occorre alzarsi prestissimo... e non sarà mai presto abbastanza! Alle tre del mattino (o giù di li) ci incamminiamo verso la via da dove si prendono i pulmini verdi che ci condurranno alla città perduta... e la fila è già lunghissima!
Stipati a fianco al marciapiede, centinaia di ragazzi e ragazze, di uomini, donne e bambini, sotto una sottile pioggerella, attendono che la catena di bus inizi a muoversi verso la ripida montagna.
Incuranti di questa ordinata umanità, gli addetti ai trasporti iniziano le manovre, sfiorando coi loro specchietti centinaia di teste ancora sonnecchianti, coperte di cappucci variopinti.
Nel frattempo c'è chi compra un the, chi una bottiglietta d'acqua o un poncho da due lire in uno dei negozietti sempre aperti che fiancheggiano la fila, e nel mentre si guarda intorno sperando che si avvii quel moto perpetuo che conduce a
Machu Picchu.
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la fila... mentre i pulmini prendono posizione |
Alle 5:30 circa, quando la luce del giorno inizia a fare capolino, la fila è enorme dietro e davanti a noi, ma viene presto risucchiata dentro i bus, che iniziano la loro folle salita fra mille tornanti a precipizio, e senza sosta ripiombano verso la città.
Dopo centinaia di strapiombi nascosti nel buio, dei quali ci renderemo conto solo al ritorno, giungiamo all'ingresso del sito archeologico. In pochi minuti superiamo il controllo biglietti (efficienza massima... sorprendente!) e iniziamo, immersi in un silenzio surreale rispetto al numero crescente di turisti, la salitella verso il nostro obiettivo.
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controllo biglietti all'ingresso del sito archeologico |
Il sito si scopre pian piano alla nostra vista. Ci rendiamo conto che stiamo per assistere ad uno spettacolo che attendevamo da tempo, che sta per svelarsi, ma che dopo ogni passo, sempre più affrettato, sempre più trepidante, si fa attendere. Finché... eccolo.
Rimaniamo sul belvedere a godere di questo spettacolo per circa 30 minuti. I turisti sono tanti, ma niente a che vedere con l'orda che arriverà fra qualche ora.
Pian piano scendiamo verso il ponticello che porta a queste rovine senza tempo, ed entriamo in una nuova dimensione spazio-temporale.
Il resto della giornata, nella pur bella Aguas Calientes e nel viaggio in treno verso Cuzco non riusciranno a toglierci dagli occhi e dalla mente una esperienza che a ripensarci pare ancora un sogno!
ps. tra le altre cose di questa bella cittadina che mi sono rimaste impresse, pubblico questa foto di una signora che caracollando lungo i gradoni della salita che porta alle terme vendeva la preziosa
chicha, una bevanda fermentata da lei prodotta, in sacchetti di plastica pronti all'uso.
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la venditrice di chicha |
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